"All’università, ebbi una relazione con una giovane russa, allieva come me del Corso di matematica. Un giorno essa mi chiese: quanto mi ami? E io dissi “tanto” e spalancai le braccia. Lei disse che “tanto” era un’espressione numericamente ambigua e che io avrei dovuto portarle una dimostrazione più precisa della grandezza del mio amore. Io le portai la seguente: “Il mio amore eterno per te sarebbe esprimibile solo con una apertura delle mie braccia pari alla circonferenza del mondo al quadrato”. Essa ci pensò un po’ su e poi mi dimostrò che la frase poteva essere matematicamente espressa così A e (amore eterno) = a mc2 (Apertura bracciale Mondo Circonferenza al quadrato). Ma poiché le due “a” si potevano cancellare, in quanto termini uguali dell’equazione, restava:
e = mc2
Ovvero la formula della relatività. Il mio amore non era quindi né eterno né grande, ma del tutto relativo nello spazio e nel tempo. Ciò dimostrato, essa mi lasciò."
Stefano Benni, Terra.