Mal d'Africa.
Immaginate un luogo in cui il cielo non vi sovrasta, vi attraversa; l’aria non si respira, si assapora, il tempo scorre, non corre ed il sistema nervoso si sistema, non s’innervosisce.
Un luogo dove la gente non t’incrocia, ti saluta, dove tutto è vero, anche le cose spiacevoli, perché tutto è vita.
Il mal d’Africa è uno stato dell’anima, prima ancora che uno stato mentale.
E’ qualcosa che pulsa nello stomaco ed esiste a prescindere dalla cattiva digestione del vecchio, pesante continente o di una giovane, fresca noce di cocco.
Mal d’Africa è imparare a perdere tempo scrutando una lucertola dalla testa arancione fare le flessioni.
Mal d’Africa è disegnare con gli occhi il contorno di un baobab che si staglia sullo sfondo del cielo basso e turchese. Mal d’Africa è osservare un meccanico che non sa da dove cominciare a riparare il motore della vostra auto.
Mal d’Africa è emozionarsi davanti a un tramonto breve sapendo che il giorno dopo, comunque andrà, ce ne sarà uno apparentemente identico ma dalle sfumature inedite.
Imparare che non è vero che se non si desidera tutto non si otterrà nulla, che accontentarsi non è sempre una sconfitta e che vivere alla giornata è un buon metodo per aggiornare l’esistenza.
Capire la propria diversità e accettare quella degli altri, in un luogo dove nemmeno quel visionario di Gesù avrebbe potuto affermare che gli uomini sono tutti uguali.
Mal d’Africa è vivere in sintonia con le fasi lunari, con i fusi locali, in serenità con il ciclo vitale e in equilibrio su un ciclo cinese.
Mal d’Africa è capire di non essere capiti e farsene una ragione, è annoiare la noia, impigrire la pigrizia, rincoglionire l’intelligenza e assog-gettarla ai propri ritmi, imprigionare il pensiero e liberarlo con una cauzione eterna che sarà il cuore a pagare, in comode rate stagionali.
Mal d’Africa è un silenzio pagano, un ruggito religioso, uno stato d’arimo.
Il Mal d’Africa, se è quello vero, è un bene incurabile.
· Freddie del Curatolo ·